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giovedì 19 giugno 2025

Mild e isobarico: buona la prima!

Ogni tanto mi piace focalizzarmi su un qualche tipo di upgrade nella mia produzione casalinga per mantenere sempre vivo l'entusiasmo e la passione per l'homebrewing; in questo periodo, leggendo anche su vari forum, mi sono interessato molto alla fermentazione in isobarico e all'imbottigliamento in contropressione. Dopo un bel periodo di studi e ricerche ho finalmente acquistato e testato tutta l'attrezzatura necessaria ed era arrivato il momento di fare la prima birra per provare questo nuovo metodo. Doveva essere una birra semplice, magari leggera e poco impegnativa, proprio per evitare, in caso di risultato nefasto, di gettare troppe materie prime nello scarico.

La scelta quindi è ricaduta su una Dark Mild, una birra tipica della vecchia Bretagna che mi permetteva di usare un po' di malti che già avevo in magazzino e un quantitativo modestissimo di luppolo. La storia di questo stile è molto interessante e ne ho parlato in questo articolo (click) in cui trovate anche consigli utili per la produzione e l'abbinamento; in sintesi si tratta di una birra scura molto leggera e poco alcolica, con un corpo esile e poco amaro a sostenere note tostate e di cereali.

Per la ricetta ho quindi optato per uno svuota magazzino usando malto pale di base con una piccola aggiunta di caramonaco 60L e carafa III per aggiustare la sfumatura di colore. Per favorire le note maltose senza avere sensazioni di dolcezza ho optato per un mash a 65°C e acqua a favorire i cloruri; per la luppolatura invece ho usato solo del Target in amaro e giusto una sfumatura in aroma. Avendo la possibilità di lavorare in isobarico ho deciso di rimanere basso nella carbonazione per favorire la sensazione di vellutatezza e simulare un po' quella che è la classica spillatura a pompa.

Alla vista si presenta subito con una schiuma avana compatta e persistente, un colore mogano e una limpidezza fantastica. Al naso si riconoscono lievi note di tostato e di nocciola ed al gusto vengono confermate e accompagnate da una bevuta facile e rinfrancante. Il basso tenore alcolico la rende perfetta compagna di mille bevute.

Per il nome e per la parte grafica mi sono voluto ispirare ai vecchi pub anglosassoni dove un tempo questa birra era la regina del bancone: una vecchia lampada a olio creava l'atmosfera e faceva compagnia ai bevitori stanchi dopo il lavoro.

La prima esperienza di isobarico devo dire che si è conclusa piuttosto bene e senza grossi intoppi e sono pronto per sperimentare ancora per poter padroneggiare al meglio questa tecnica e tirarne fuori il meglio per le mie birre!


martedì 20 maggio 2025

Saison: la birra dell'estate

Le birre Saison (clicca qui per il BJCP) sono conosciute anche come Farmhouse Ale in quanto la loro origine è strettamente collegata alle fattorie; in particolare, nell'area francofona della Vallonia, era usanza assumere dei lavoratori stagionali (chiamati "saisonniers") per occuparsi della coltivazione e raccolta nel periodo estivo. Poiché spesso in quelle aree l’acqua a disposizione non era sempre potabile, l’uso della birra costituiva quindi una valida alternativa per idratare e rinfrescare i lavoratori: il basso grado alcolico (non superiore al 3%alc.) permetteva ai saisonnier di continuare a lavorare senza subire gli effetti dell’alcool. Queste birre venivano prodotte durante la stagione fresca per permettere al lievito di fermentare con calma durante tutto l’inverno per ottenere un prodotto pulito da consumare in grandi quantità (fino a 5 litri al giorno per lavoratore) nei mesi caldi.


La variabilità nelle birre prodotte era molto alta in quanto ogni contadino aveva la propria ricetta, con diversi tipi di fermentabili, e spesso, oltre al luppolo, venivano utilizzate diverse spezie. In alcuni casi, per attenuare il senso di sete, queste birre venivano “acidulate” con l’uso di frumento o facendo dei blend con birre invecchiate o lambic.

Col tempo alcune di queste fattorie sono diventate dei birrifici e hanno iniziato a produrre versioni più alcoliche e complesse di questa tipologia di birra.


Dopo la II Guerra Mondiale l’avvento di nuove tecnologie in agricoltura, la capillare diffusione degli acquedotti e l’uso di frigoriferi hanno reso sempre meno necessaria la produzione di questa tipologia di birra. Nel corso del tempo le Saison prodotte sono diventate sempre meno fino quasi a scomparire per sempre. Per fortuna ciò non è accaduto grazie alla visionaria intuizione di Michael Jackson, omonimo del famoso cantante, figura chiave nel panorama birrario mondiale. Durante i suoi viaggi in Belgio, negli anni ‘80 Jackson riscoprì la storia della Saison e ne apprezzò le qualità assaggiando quella prodotta dal birrificio Dupont. All'epoca, la Saison Dupont non riscuoteva il successo meritato, rappresentando a malapena il 2% delle vendite del birrificio. Intuendone il potenziale come alternativa leggera e rinfrescante alle birre belghe più dolci e alcoliche, Jackson ne promosse l'importazione negli USA. Questa mossa ne decretò la rinascita e il successo, tanto che oggi la Saison Dupont è considerata il modello di riferimento per lo stile Saison.


Poiché lo stile ha visto una sostanziale rinascita in tempi abbastanza recenti, possiamo assistere ad una elevata variabilità nelle interpretazioni moderne delle birre prodotte: definire precisamente una ricetta univoca per la saison è un compito arduo, tanto che alcuni la considerano quasi un "anti-stile". In generale però hanno in comune alcune caratteristiche quali un lievito (spesso capriccioso) ad alta fermentazione, la rifermentazione in bottiglia e talvolta l’uso di spezie o del dry hopping.

Produzione

Malti: solitamente si usa un grist composto da 100% malto pilsner; non sono tuttavia insolite piccole aggiunte di zucchero candito chiaro tra il 5-10% (per aumentare secchezza e alcolicità nelle versioni più forti) o di malto di frumento (per dare un tocco acidulo) fino al 30% mentre altri cereali come farro o avena possono essere aggiunti in proporzioni inferiori al 10% per conferire carattere e corpo. Solo nelle versioni scure si possono trovare malti caramellati ma non tostati.

Luppoli: la scelta ricade sui luppoli nobili continentali, Saaz, Styrian Golding e EKG su tutti; il loro amaro delicato ben si sposa con la secchezza generale del prodotto finito

Lievito: il carattere del lievito di una Saison è complesso, speziato e pepato, con note terrose e di esteri fruttati. I ceppi da utilizzare sono principalmente liquidi (WLP565 e Wyeast 3724 ma anche WLP550 e Wyeast 3522) e sono caratterizzati da un'elevata attenuazione in grado di lasciare un finale secco e talvolta una sensazione di acidità. 

Acqua: alcune acque della vallonia presentano livelli di solfati molto alti che aiutano a far uscire un carattere più speziato e rustico alla birra oltre che esaltarne il finale asciutto; per meglio supportare l'azione del lievito e la pulizia finale è auspicabile un buon quantitativo di ioni calcio.

Brewing tips

Le Saison, specie le versioni più moderne, sono caratterizzate da un finale secco e rinfrescante; ciò ci suggerisce che il ruolo del lievito è cruciale, come d'altronde in tutte le birre belga. I ceppi usati per produrre le Saison però possono bloccarsi lasciando in stallo la fermentazione; esperimenti in merito hanno confermato che ciò è dovuto alla pressione (seppur minima) che si svilupperebbe nel fermentatore anche in presenza di un gorgogliatore che permette la fuoriuscita dell'anidride carbonica. Per questo si consiglia di svolgere la tumultuosa in condizioni di “sfiato totale”. Inoltre si consiglia di partire con una fermentazione a temperature più basse (16-18°C) per i primi 3 giorni per poi salire a 24°C fino anche a 30-35°C. È fondamentale non avere fretta quando si produce una Saison in quanto questi ceppi sono molto lenti e la birra può rimanere nei fermentatori anche più di un mese: è sempre altamente consigliabile fare uno starter abbondante ed inoculare a mosto freddo.

L'ammostamento dovrebbe essere condotto in modo da massimizzare l'attività delle β-amilasi, al fine di produrre un mosto ad alta fermentabilità, solitamente con un mono step sui 65°C. La bevibilità è ulteriormente accentuata da una luppolatura che si attesta sulle 30 unità di amaro (IBU). Pur non essendo un elemento imprescindibile, l'impiego di spezie in alcune Saison può complementare il profilo aromatico sviluppato dalla fermentazione.

La carbonazione da raggiungere è particolarmente elevata, dai 2,5 ai 3,5 volumi.

Abbinamenti gastronomici e servizio

Grazie alla sua freschezza, le note speziate ed il finale secco è la birra d’elezione per tutti i piatti leggeri ed estivi. Dal pesce alle insalate, da formaggi freschi a carni bianche è la compagna ideale per pranzi o brunch al mare o in campagna.

Non teme nemmeno abbinamenti più spinti con piatti speziati o piccanti che ben si prestano ad essere esaltati dalla sua vivace frizzantezza e dal suo profilo aromatico complesso, spesso caratterizzato da note fruttate, pepate e talvolta erbacee o fenoliche. Questa versatilità deriva dalla sua capacità di pulire il palato dalla ricchezza e dall'intensità delle spezie, offrendo al contempo un contrappunto aromatico che può sia stemperare il calore della piccantezza che amplificare la complessità dei sapori.

La Saison va servita in un bicchiere a tulipano ad una temperatura compresa tra 6 e 9°C.


martedì 15 aprile 2025

Dunkles Bock: da Einbeck ai giorni nostri

Nella storia degli stili birrari la Bockbier ricopre una posizione importante e la sua fama viaggia per secoli ed arriva fino a noi. Siamo nel XIII secolo nella Bassa Sassonia, in Germania, nella cittadina di Einbeck; come sappiamo, la Germania è ricca di realtà birrarie locali e qui si produceva questa birra forte a bassa fermentazione, con densità superiore a 16°P ed un contenuto alcolico a partire dal 6,5% che era diventata famosa ed apprezzata su tutto il territorio ma non solo. Nel 1368, infatti, la città di Einbeck si unisce all’Hansa, un’alleanza commerciale tra diverse città di nord Europa e del Baltico ed inizia ad esportare la propria birra anche in Scandinavia, Russia, Fiandre e Britannia; il più antico documento che attesta la vendita della “Einbecker” è datato 28/04/1378.

Camminando nelle strade di Einbeck si possono notare che i portoni delle case più antiche sono di grandi dimensioni, eredità della particolare modalità di produzione birraria cittadina: gli abitanti potevano produrre e maltare il proprio orzo ma non potevano possedere un birrificio; nel momento in cui avessero voluto brassare una birra, avrebbero dovuto rivolgersi al comune, unico proprietario delle attrezzature necessarie, che avrebbe mandato il loro mastro birraio, assieme all’enorme bollitore, nelle cantine dei cittadini per svolgere la produzione e certificare la qualità del prodotto destinato poi alla successiva vendita. Al massimo dello splendore, si potevano contare oltre 700 “cantine birrifici” in tutta la città.


La fama di questa birra si è poi diffusa largamente grazie alle “recensioni positive” sia del laboratorio di medicina dell’Università di Salerno che la definì “vinum bonum” e nientemeno che da Martin Lutero, personaggio illustre ed influente del tempo, che in un discorso nel 1521 la apostrofò come “la miglior bevanda che si possa conoscere”. Anche a Monaco volevano produrre questa birra e vennero invitati a lavorare lì i mastri birrai di Einbeck; nel 1612, il birraio Elias Pichler qui trovò nuove modalità di produzione e potè fermentare la sua tradizionale birra con lieviti a bassa fermentazione come è tuttora. Con la diffusione nelle varie zone d’Europa anche il nome inizia a risentire delle storpiature locali e da “Einbeckisch Bier” si è passati al bavarese “Oanpock Bier” ed infine “ein Bock Bier” ossia “una birra Bock”. E dato che in tedesco la parola bock si traduce come caprone, ecco comparire nelle immagini dell’epoca questo animale associato alla birra di Einbeck.


Il successo, come sempre, porta all’emulazione e si iniziano a produrre anche nuove versioni di questa birra; a causa dell’alta alcolicità e dell’elevato valore nutritivo, la Bock era considerata alla stregua di un “pane liquido” che entrava nella dieta dei cristiani nei periodi di digiuno. Nascono così le versioni natalizie e pasquali “Weihnachtsbock” ed “Osterbock”, la bock per la quaresima, ancor più forte, chiamata “doppelbock” ed infine una versione più leggera da consumare a maggio, la “Maibock”. A queste si aggiunge anche una Bock prodotta in alta fermentazione con il frumento, la "Weizenbock".

Produzione

Malti: il grist prevede malto monaco (50-70%) e pils come malti base per amplificare le note di pane e cereali, a cui aggiungere un 5-10% di caramonaco per il colore e la nota caramellata; solitamente altri malti speciali non dovrebbero superare il restante 5% del totale per non sovraccaricare la birra.

Luppoli: il classico luppolo usato è l’Hallertauer Mittelfrüh, per la sua alta percentuale di umulene (note terrose, erbacee, legnose e leggermente speziate) ma poiché gli aromi di luppolo in questo stile devono essere quasi nulli, va bene un qualsiasi luppolo tedesco in amaro. 

Lievito: per questo stile va bene qualsiasi ceppo per lager, in particolare tra i liquidi il WLP 833 (German bock lager) o il WY 2206 (Bavarian lager) che esaltano le note maltate; la dolcezza della birra deve derivare da una bassa luppolatura più che da una minor attenuazione del lievito.

Acqua: trattandosi di una birra dai chiari accenti maltati, il rapporto cloruri/solfati deve tendere verso i cloruri (fino al doppio dei solfati); per esaltare e arrotondare la dolcezza dei malti si può inserire un pizzico di sale da cucina per aumentare la quantità di ioni sodio.

Brewing tips

Nonostante le Bock (clicca qui per il BJCP) presentino un forte carattere di malto, non vuol dire che esse siano dei dolcioni: le birre tedesche sono caratterizzate da una facile bevuta e purtroppo è facile cadere nell’errore di voler abbondare con i malti speciali per aumentarne la complessità.

È altamente probabile che storicamente si eseguisse un mash in decozione per rendere il profilo aromatico e gustativo molto più complesso ma se non si vuole faticare nel replicare questo lungo procedimento, può anche andar bene un single step a 67-69°C. Come già detto la componente luppolata deve essere molto ridotta e l’amaro deve integrarsi bene con il maltato pertanto il rapporto BU/GU può attestarsi tra lo 0,2 e lo 0,4.

Attenzione al processo di fermentazione: nonostante l’alto contenuto alcolico, non si devono avvertire le note calde dell’alcool; è bene partire con temperature basse durante la fermentazione ed un tasso di inoculo adeguato. Essendo una bassa fermentazione è importante non dimenticare di effettuare la pausa diacetilica verso fine fermentazione e di effettuare una lunga lagerizzazione a 4°C.

I volumi da raggiungere per la carbonazione variano da 2,2 a 2,7.

Abbinamenti gastronomici e servizio

Il corpo robusto e le note maltate della Bock la rendono compagna perfetta per piatti a base di carne, specialmente stufata o brasata, arrosto di manzo o agnello e piatti ricchi e speziati.

Anche i formaggi si prestano bene ad essere abbinati a questa birra, sia quelli a pasta morbida che quelli stagionati. Per il fine pasto si abbina a dolci alla castagna, noci o cioccolato fondente. 

La Bock va servita in un bicchiere troncoconico con stelo o nel meno diffuso bicchiere tradizionale da bock ad una temperatura compresa tra 5 e 9°C.

giovedì 10 aprile 2025

California Common: la birra a vapore

La California common, conosciuta anche come steam beer, è una birra nata intorno al XIX secolo, all'epoca della febbre dell'oro, probabilmente per mano di birrai tedeschi emigrati in America i quali erano abituati ad utilizzare lieviti lager ma, non disponendo ovviamente per l’epoca di celle frigo e considerate le temperature californiane ben diverse da quelle nord europee, iniziarono ad usare lieviti a temperature maggiori.

La “corsa all’oro” californiana ebbe inizio nel 1848, quando James Marshall, che era stato assunto per la costruzione di una segheria dal pioniere svizzero Johan Sutter, scoprì un filone del prezioso metallo. Sutter tentò di mantenere segreta la notizia ma questa si diffuse molto rapidamente e migliaia di cercatori accorsero da tutto il mondo. In questo modo nacquero in California le prime città, con l'apertura di banche, officine, saloon, bordelli. La vita dei cercatori era molto dura: si trovavano in un ambiente selvaggio, in genere lontani dalle famiglie, e molti vivevano in tende o abitazioni di fortuna. L'unico svago era costituito dai saloon, che si diffusero rapidamente. Alcuni piccoli villaggi si trasformarono in vere e proprie città, per esempio San Francisco.

Ci sono diverse teorie sul nome steam beer, una meno accreditata è legata al fatto che nel tardo 1800 si utilizzavano dei motori a vapore per produrre la birra da qui il nome “steam” che significa appunto vapore; un'altra teoria riguarda il fatto che quando veniva messo il rubinetto nella botte per servirla e l'inserimento del rubinetto provocava un getto fortissimo di gas; la teoria più accreditata e più verosimile, che poi è quella scelta anche da Gordon Strong, presidente del BJCP, è dovuta ai coolship che sono tini in cui veniva messa la birra e che produceva questo vapore che ha dato il nome a questo stile (clicca per il BJCP).

Ad oggi però "steam beer" è un marchio registrato da Anchor che è stato il birrificio che ha mantenuto vivo lo stile riprendendo la produzione dopo la fine del proibizionismo. Negli anni '60, Fritz Maytag acquistò la Anchor Brewing Company, una birreria sin dalla fine del XIX secolo. Maytag era determinato a cambiare la produzione e questa era l'ultima delle birrerie a vapore originali. Maytag chiamò vari fornitori e acquistò ciò che avevano a disposizione, quindi luppoli Northern Brewer, malti pale e crystal, lievito e così è nata la ricetta moderna.

Produzione

Malti: malto pale ale e malto crystal (max 10%) di colore medio per aggiungere colore e sapore caramellato. Altre varietà opzionali da considerare sono il malto Munich, il malto Victory e il malto pale chocolate. Questi ingredienti contribuiscono al corpo, al sapore e al colore generale della birra.

Luppoli: il luppolo storicamente utilizzato è il Northern Brewer sia in amaro che in aroma per ottenere i sentori legnosi, terrosi e leggermente mentolati tipici di questo stile. I luppoli Northern Brewer sono una varietà versatile e consolidata, inizialmente sviluppata in Inghilterra nel 1934 per Scottish & Newcastle Breweries. Coltivata per la robustezza, è diventata la preferita dai birrai grazie alle sue qualità di amaro pulito. Inizialmente coltivata in Germania, la varietà americana si distingue per un livello maggiore di alfa acidi ed un elevato contenuto di mircene che conferisce sentori di sempreverde, legno e menta.

Lievito: è prodotta utilizzando uno speciale ceppo di lievito lager che può fermentare a temperature più calde, simili a quelle della ale. Questo metodo risale alla fine del 1800 in California, quando la refrigerazione era scarsa e i birrai dovevano improvvisare per raffreddare la birra. Le opzioni di lievito più diffuse per questo stile di birra includono il lievito California Common di White Labs (WLP810) o Wyeast (2112). Questi ceppi di lievito contribuiscono alla finitura pulita e nitida della birra.

Acqua: l'acqua utilizzata per la produzione della birra California Common dovrebbe essere da neutra a leggermente dura, in quanto ciò esalterà il carattere generale della birra; profilo bilanciato con rapporto cloruri/solfati pari a 1.

Brewing tips

Nella produzione di questo stile di birra è essenziale porre attenzione alla temperatura di fermentazione: fermentare per 14gg a temperature superiori a 12°C permette lo sviluppo di esteri fruttati tipici delle ale; dopo il periodo di fermentazione iniziale, lasciare che la temperatura salga a 20°C e mantenerla a tale temperatura per tre giorni. Questa temperatura più calda contribuirà a completare il profilo aromatico e a conferire una sensazione in bocca più piacevole. Infine, abbassare la temperatura della birra a 2°C per favorire la chiarificazione.

Una particolare aggiunta è rappresentata dal chocolate rye che può conferire alcuni dei sapori tostati e caramellati. In genere, la birra ha una densità finale (FG) compresa tra 1,011 e 1,014, il che conferisce un finale relativamente secco.

Sebbene non sia eccessivamente amara, la birra presenta un amaro da luppolo da moderato a moderatamente alto (30/45 IBU), rendendola relativamente equilibrata rispetto ai sapori del malto.

Abbinamenti gastronomici e servizio

La birra California Common, con i suoi sapori ben bilanciati, si abbina eccezionalmente bene ad una grande varietà di piatti. Il colore ambrato chiaro-ambrato medio della birra e il suo profilo aromatico unico la rendono un'opzione molto versatile. 

Un abbinamento interessante è con il lombo di maiale: questo taglio di carne si presta bene ai sapori robusti e terrosi della birra, creando una perfetta armonia tra il piatto e la bevanda. Per amplificare questo abbinamento servire il lombo di maiale con un contorno di verdure arrostite o una glassa piccante.

Formaggi quali groviera, emmental, gouda e cheddar sono compagni eccellenti di questa birra; anche piatti piccanti possono bilanciarsi bene con le note terrose della birra e creare una combinazione di sapori sorprendentemente piacevole.

La California Common va servita in un bicchiere da pinta Nonic ad una temperatura compresa tra 8 e 13 °C.


mercoledì 19 marzo 2025

Dark Mild: la tenacia di una birra mite

Lo stile Mild è riconosciuto come uno tra i più famosi e apprezzati stili tradizionali britannici; ma è veramente così? La realtà ci dice che tra le prime storiche mild e quelle attuali c’è stata una continua evoluzione che tutt’ora non è completata, basta pensare che nel XIX secolo non erano scure ma birre chiare. Può quindi essere ancora considerato un “classico”? Partiamo dunque dal XVIII secolo, periodo in cui il termine mild entra nell’uso comune. La sua storia è abbastanza travagliata, preda degli eventi e dei flussi di mercato.

La parola “mild” è tradotta come “mite, delicata”, infatti le attuali mild si presentano con un basso tenore alcolico; dico attuali perché la Dark Mild come le beviamo ora esistono solo dalla seconda metà del 1900. Inizialmente la denominazione mild non era riferita ad un unico stile ma era attribuita a tutte le birre giovani e “fresche” per distinguerle da quelle “kept” che avevano già un minimo di invecchiamento. Inoltre non è raro trovare antiche birre denominate mild ma con un tenore alcolico fino a 8%alc o con una forte componente luppolata. Proprio per evitare confusione su questo parametro, specie in seguito all’ascesa di un altro popolare stile inglese (le Bitter) ad un certo punto della storia, il termine mild ha iniziato ad essere associato alle bitter meno amare per distinguerle da quelle più “bitter”.

Un ulteriore punto di evoluzione è rappresentato dall’aspetto della birra, in particolare il colore. Lo stile attualmente codificato nel BJCP è “Dark Mild” proprio per dare enfasi al colore scuro della bevanda. Questo colore però non era quello iniziale dello stile ma si è raggiunto, come già accennato prima, nella seconda metà del 1900, in concomitanza con la Seconda Guerra Mondiale. In questo periodo di austerità vi erano delle tasse più alte sulle birre più alcoliche e perciò le mild iniziarono ad essere prodotte con una concentrazione alcolica attorno al 3,5%alc; ma ciò cosa ha a che fare col colore? I birrai hanno voluto sfruttare un fattore psicologico secondo cui per la maggior parte dei consumatori un colore scuro fosse associato ad una birra più alcolica: cresce dunque l’uso di malti scuri e specialmente Crystal per aggiungere gusto e pienezza per compensare la bassa alcolicità. Tuttavia questo ha portato ad una pratica scorretta di alcuni publican i quali, approfittando del colore scuro, “riutilizzavano” le scolature dei vassoi raccogli goccia e di pinte non finite per riempire bicchieri da servire ai clienti; fortunatamente non era una pratica molto frequente ma quel poco ha contribuito a danneggiare la reputazione delle mild.

Verso il 1960 questo stile inizia a perdersi in favore delle Bitter e nel 1980 le birre bionde hanno preso il sopravvento facendo via via sparire le mild dai pub. Fortunatamente la CAMRA (Campaign for Real Ale), un'organizzazione indipendente di consumatori nel Regno Unito il cui scopo principale è promuovere la birra tradizionale inglese, ha cercato di salvare dall’estinzione questo stile anche se tutt’ora sono pochi i birrifici che la producono.

La mild, uno stile tradizionale in attesa di continua evoluzione.

Produzione

Malti: come base un buon Maris Otter con cui raggiungere l’80% della OG (sui 1040), per la restante parte si possono utilizzare malti amber, crystal e chocolate per aggiungere aromi biscottati con sfumature di caramello, di tostato e per restituire una sensazione di asciutto alla bevuta. Questi ingredienti contribuiscono al corpo, al sapore e al colore generale della birra.

Luppoli: la scelta del luppolo è molto semplice in quanto serve esclusivamente per l’amaro; qualsiasi luppolo inglese va bene per questo scopo.

Lievito: per quanto riguarda il lievito, molte mild rispecchiano il carattere inglese rivelando note fruttate e di esteri tipici di lieviti anglosassoni come ad esempio il Nottingham, l’S-04 o il Wyeast 1318.

Acqua: l'acqua utilizzata per la produzione della dark mild dovrebbe essere da neutra a leggermente dura, in quanto ciò esalterà il carattere generale della birra; profilo bilanciato con rapporto cloruri/solfati pari a 1.

Consigli utili

Nella produzione di questo stile di birra è essenziale porre attenzione alla temperatura di mash: poiché si tratta di una birra a bassa OG non vogliamo che un mash troppo beta amilasico possa portare ad una generale secchezza e pertanto faremo un single step a 67°C.

Inoltre, durante la fermentazione, bisogna evitare quanto più possibile lo sviluppo di diacetile iniziando a fermentare a 15°C e poi aumentare la temperatura verso la fine della fermentazione. Bisogna ricordare che essendo una birra a bassa OG, la fermentazione si conclude più velocemente del solito.

Ultima accortezza è la carbonazione; poiché tradizionalmente veniva servita a caduta dal cask, la carbonazione da raggiungere sarà bassa, attorno a 1,8-2,0 volumi di CO2.

Abbinamenti gastronomici e servizio

I toni maltati, con sfumature nocciolate, tostate ed i leggeri sentori di frutta passita, la rendono un abbinamento speciale per molti formaggi a pasta dura e per stufati di carne. 

Inoltre, essendo la tipica birra da pub inglese, perchè non abbinarla ai classici food da pub quali shepherd pie o scotch egg, steak and chips o salsicce varie.

Grazie ai suoi sentori delicati, questa birra è anche facilmente abbinabile a qualsiasi dolce a base di cioccolato o che contiene caramello salato.

La dark mild va servita in un bicchiere da pinta Nonic o una pinta classica ad una temperatura compresa tra 12 e 14 °C.

Cliccando qui potrete vedere la mia mild!