Nella storia degli stili birrari la Bockbier ricopre una posizione importante e la sua fama viaggia per secoli ed arriva fino a noi. Siamo nel XIII secolo nella Bassa Sassonia, in Germania, nella cittadina di Einbeck; come sappiamo, la Germania è ricca di realtà birrarie locali e qui si produceva questa birra forte a bassa fermentazione, con densità superiore a 16°P ed un contenuto alcolico a partire dal 6,5% che era diventata famosa ed apprezzata su tutto il territorio ma non solo. Nel 1368, infatti, la città di Einbeck si unisce all’Hansa, un’alleanza commerciale tra diverse città di nord Europa e del Baltico ed inizia ad esportare la propria birra anche in Scandinavia, Russia, Fiandre e Britannia; il più antico documento che attesta la vendita della “Einbecker” è datato 28/04/1378.
Camminando nelle strade di Einbeck si possono notare che i portoni delle case più antiche sono di grandi dimensioni, eredità della particolare modalità di produzione birraria cittadina: gli abitanti potevano produrre e maltare il proprio orzo ma non potevano possedere un birrificio; nel momento in cui avessero voluto brassare una birra, avrebbero dovuto rivolgersi al comune, unico proprietario delle attrezzature necessarie, che avrebbe mandato il loro mastro birraio, assieme all’enorme bollitore, nelle cantine dei cittadini per svolgere la produzione e certificare la qualità del prodotto destinato poi alla successiva vendita. Al massimo dello splendore, si potevano contare oltre 700 “cantine birrifici” in tutta la città.
La fama di questa birra si è poi diffusa largamente grazie alle “recensioni positive” sia del laboratorio di medicina dell’Università di Salerno che la definì “vinum bonum” e nientemeno che da Martin Lutero, personaggio illustre ed influente del tempo, che in un discorso nel 1521 la apostrofò come “la miglior bevanda che si possa conoscere”. Anche a Monaco volevano produrre questa birra e vennero invitati a lavorare lì i mastri birrai di Einbeck; nel 1612, il birraio Elias Pichler qui trovò nuove modalità di produzione e potè fermentare la sua tradizionale birra con lieviti a bassa fermentazione come è tuttora. Con la diffusione nelle varie zone d’Europa anche il nome inizia a risentire delle storpiature locali e da “Einbeckisch Bier” si è passati al bavarese “Oanpock Bier” ed infine “ein Bock Bier” ossia “una birra Bock”. E dato che in tedesco la parola bock si traduce come caprone, ecco comparire nelle immagini dell’epoca questo animale associato alla birra di Einbeck.
Il successo, come sempre, porta all’emulazione e si iniziano a produrre anche nuove versioni di questa birra; a causa dell’alta alcolicità e dell’elevato valore nutritivo, la Bock era considerata alla stregua di un “pane liquido” che entrava nella dieta dei cristiani nei periodi di digiuno. Nascono così le versioni natalizie e pasquali “Weihnachtsbock” ed “Osterbock”, la bock per la quaresima, ancor più forte, chiamata “doppelbock” ed infine una versione più leggera da consumare a maggio, la “Maibock”. A queste si aggiunge anche una Bock prodotta in alta fermentazione con il frumento, la "Weizenbock".
Produzione
Malti: il grist prevede malto monaco (50-70%) e pils come malti base per amplificare le note di pane e cereali, a cui aggiungere un 5-10% di caramonaco per il colore e la nota caramellata; solitamente altri malti speciali non dovrebbero superare il restante 5% del totale per non sovraccaricare la birra.
Luppoli: il classico luppolo usato è l’Hallertauer Mittelfrüh, per la sua alta percentuale di umulene (note terrose, erbacee, legnose e leggermente speziate) ma poiché gli aromi di luppolo in questo stile devono essere quasi nulli, va bene un qualsiasi luppolo tedesco in amaro.
Lievito: per questo stile va bene qualsiasi ceppo per lager, in particolare tra i liquidi il WLP 833 (German bock lager) o il WY 2206 (Bavarian lager) che esaltano le note maltate; la dolcezza della birra deve derivare da una bassa luppolatura più che da una minor attenuazione del lievito.
Acqua: trattandosi di una birra dai chiari accenti maltati, il rapporto cloruri/solfati deve tendere verso i cloruri (fino al doppio dei solfati); per esaltare e arrotondare la dolcezza dei malti si può inserire un pizzico di sale da cucina per aumentare la quantità di ioni sodio.
Brewing tips
Nonostante le Bock (clicca qui per il BJCP) presentino un forte carattere di malto, non vuol dire che esse siano dei dolcioni: le birre tedesche sono caratterizzate da una facile bevuta e purtroppo è facile cadere nell’errore di voler abbondare con i malti speciali per aumentarne la complessità.
È altamente probabile che storicamente si eseguisse un mash in decozione per rendere il profilo aromatico e gustativo molto più complesso ma se non si vuole faticare nel replicare questo lungo procedimento, può anche andar bene un single step a 67-69°C. Come già detto la componente luppolata deve essere molto ridotta e l’amaro deve integrarsi bene con il maltato pertanto il rapporto BU/GU può attestarsi tra lo 0,2 e lo 0,4.
Attenzione al processo di fermentazione: nonostante l’alto contenuto alcolico, non si devono avvertire le note calde dell’alcool; è bene partire con temperature basse durante la fermentazione ed un tasso di inoculo adeguato. Essendo una bassa fermentazione è importante non dimenticare di effettuare la pausa diacetilica verso fine fermentazione e di effettuare una lunga lagerizzazione a 4°C.
I volumi da raggiungere per la carbonazione variano da 2,2 a 2,7.
Abbinamenti gastronomici e servizio
Il corpo robusto e le note maltate della Bock la rendono compagna perfetta per piatti a base di carne, specialmente stufata o brasata, arrosto di manzo o agnello e piatti ricchi e speziati.
Anche i formaggi si prestano bene ad essere abbinati a questa birra, sia quelli a pasta morbida che quelli stagionati. Per il fine pasto si abbina a dolci alla castagna, noci o cioccolato fondente.
La Bock va servita in un bicchiere troncoconico con stelo o nel meno diffuso bicchiere tradizionale da bock ad una temperatura compresa tra 5 e 9°C.
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