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Birra e ostriche ad Elisabeth Quay |
Ogni volta sempre il solito dilemma: "cosa facciamo a capodanno?". Ecco, per questa volta almeno il "dove" era ben chiaro nella mia mente: non solo volevo tornare ad essere tra i primi a festeggiare l'arrivo del nuovo anno ma volevo anche tornare a farlo in piena estate! Non ci vuole molto a capire (se avete letto il titolo, ancora meno) che ho voluto finire il 2019 ed iniziare il 2020 in Australia.
Per la precisione la meta finale è stata Perth, la capitale dell'Australia Occidentale, affacciata sull'Oceano Indiano e costantemente sferzata da una brezza che ci ha creduto a volte troppo.
Ero già stato tra i canguri un paio di anni prima ma sulla costa opposta e ci sono tornato intenzionato ad assaggiare, anche questa volta, quante più birre possibile. Questo lavoro infatti non è difficile e se poi si pensa che le birre australiane sono buone tutte, anche quelle con pessima reputazione, allora bere è un piacere che non puoi proprio negarti.
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Cena fugace con granchi fritti
e ostriche ad Hillarys Harbour |
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Al mio ritorno in Italia, preso dalla nostalgia del viaggiatore, mi sono messo a studiare una ricettina per ricreare una birra che mi facesse tornare con la mente in riva al fiume Swan mentre mi sfondo di ostriche immerso in una pinta luppolosa. Ecco, il luppolo... È qui che mi sarei giocato tutto! Non volevo infatti fare la classica ale che oramai si trova in tutte le salse. Nella mia mente si era infilata l'idea di replicare una delle pils bevute sul lungomare di Scarborough: a quanto ho potuto assaggiare, la maggiorparte delle craftbrewery e dei brewpub della zona sta vivendo un'importante fase "a bassa fermentazione" con prodotti sorprendenti dal punto di vista organolettico e abbastanza distanti dalle lager monocorde a cui siamo abituati qui in Europa. Inoltre molte di queste birre sono luppolate con varietà autoctone che conferiscono aromi molto particolari e delicati nonostante i lunghi tempi di produzione (tra fermentazione e lagerizzazione ci vuole almeno il doppio del tempo rispetto una birra ad alta fermentazione): la mia sfida era proprio questa, ritrovare i profumi intensi di luppolo dopo tanto tempo senza rimpiangere l'effetto del dry hopping tipico delle APA/IPA.
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Degustazione in un brewpub
nel centro di Perth |
Il grist è molto semplice, ho fatto un blend di 2 diversi malti pils molto chiari mentre come lievito ho usato il classico Saflager S-23 perché volevo delle belle note fruttate per questa birra. La parte che mi ha portato via più tempo è stata la scelta dei luppoli e tra tutti alla fine ho selezionato il Pacific Gem (fruttato ma poco pungente nonostante l'elevata percentuale di aa, nato da un incrocio di un luppolo californiano da cui ha preso l'amarezza ed un classico inglese da cui ha ereditato la delicatezza) e il Pacifica (molto delicato e dalle note floreali ed agrumate tipiche dell'Hallertauer Mittlefrüh da cui questa varietà è stata ottenuta), due luppoli neozelandesi che però strizzano l'occhio al vecchio continente.
Alla vista questa birra si presenta di colore molto chiaro e paglierino, con una schiuma abbondante, bianca e compatta ma ciò che colpisce di più è la sua limpidezza (i giorni di quarantena forzata causa Covid hanno allungato la lagerizzazione di qualche settimana); al naso abbiamo un'esplosione di aromi su cui spicca la mora (anche se non ricorda i classici "frutti rossi") e il mango (aroma di frutta gialla più l'agrumato, probabilmente l'effetto "composta di arance" del Pacifica); dopo averla assaggiata si percepisce appena un dolce elegante, leggero, che ben accompagna gli aromi fruttati dati anche dagli esteri del lievito e che portano il finale verso il secco con una transizione più sfumata.
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Per il nome mi sono fatto ispirare dal Wombat, un pigro marsupiale che vive in oceania e che viene usato come "paragone" per indicare qualcuno che, beatamente, si delizia a mangiare e bere vivendo con calma e spensieratezza. In etichetta, pertanto, l'ho voluto immaginare un po' bogan, una sorta di tamarro australiano, che beve una birra in una delle meravigliose spiagge di cui quest'isola è ricca. Anche questa volta l'etichetta è d'autore e ringrazio il buon Nicola Piracci e la sua mano sapiente ed allenata che ha saputo interpretare il mio pensiero in maniera magistrale.
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