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Il rito della kölsch in una sola foto |
L'uso del lievito liquido porta sempre qualche problema in più rispetto al secco, nonostante i risultati poi facciano esultare chiunque lo usi. Uno dei problemi maggiori è rappresentato dall'anzianità dello stesso: ogni mese che passa dal confezionamento la quantità di cellule vitali residue diminuisce notevolmente. Per questo motivo è quasi un obbligo effettuare uno o più starter prima di ottenere una quantità di cellule vive per una corretta fermentazione.
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Selfie sotto il duomo di Colonia |
La scorsa estate assieme al buon Davide abbiamo intrapreso il giro delle abbazie trappiste in Belgio; la prima tappa del nostro viaggio, però, è stata Colonia, in Germania, sede della storica birra kölsch. Nell'attesa della partenza dal nostro bus per Bruxelles ne abbiamo approfittato per berne quanto più possibile direttamente al birrificio Päffgen. Una birra a dir poco spettacolare, con il malto ben equilibrato dal floreale del luppolo ed una aromaticità tutta particolare. E questo è bastato affinché decidessi di fare anche io una kölsch al rientro in patria.
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I primi due bicchieri.... |
Ma cosa è una kölsch? È la storica birra prodotta a Colonia e dintorni, fregiata dell'appellativo IGT; la sua produzione è regolamentata da un disciplinare creato tra i fabbricanti di birra della zona. Acqua, malto d'orzo e luppoli nobili sono i principali ingredienti, ma alcune versioni possono presentare una minima percentuale di frumento maltato; caratteristica comune risiede nella particolare fermentazione: viene impiegato un lievito da ale fatto lavorare come se fosse uno a bassa; dopo di ciò viene fatta lagerizzare per almeno un mese. Essa viene servita nel tipico bicchiere cilindrico (alto e stretto) da 0,2L chiamato stange ed i burberi (a quanto pare è tradizione) camerieri della birreria sono indaffarati nel sostituire continuamente i bicchieri vuoti, trasportando i pieni in un particolare vassoio che ricorda il caricatore di una pistola a tamburo (vedi foto ad inizio articolo). Tradizionalmente, la birra è spillata a caduta da enormi fusti. La carbonazione minima, il corpo leggero e il basso contenuto alcolico fanno sì che se ne possano bere litri senza sentirsi gonfi; l'unico modo per far smettere il ricambio dei bicchieri è posizionare un sottobicchiere sullo stange ed i camerieri capiranno che non si vuole più bere.
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...e gli ultimi due!! |
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Dopo qualche mese di studio e di ricerca, ho finalmente buttato giù una ricetta; arrivato alla scelta del lievito da utilizzare, ecco che uno dei ceppi papabili era il Wyeast 1007 German Ale... Lievito che mi ricordava qualcosa: in effetti ne comprai una busta nel 2014 e da allora è sempre rimasta conservata nel frigorifero. Dopo 4 anni di vita, anche il più ottimista del calcolatori dava oramai per spacciato ogni singolo lievitino, così, per puro sfizio di prendere a schiaffi la busta (il metodo di attivazione è simpaticissimo) ho "attivato" il pacchetto. Dopo un paio di giorni è successo l'inaspettato: la busta ha iniziato a gonfiarsi sempre di più!! Avevo a che fare con un lievito highlander!!
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Da notare la data del lievito e quella del giornale |
A questo punto mi sono messo in gioco: estratto alla mano ho iniziato a fare starter successivi fino ad arrivare a riempire una dama da 5 litri. Qualcosa stava crescendo e dal profumo che si sentiva era proprio il lievito da kölsch. Appena raggiunto un quantitativo soddisfacente per la fermentazione, ho brassato la mia Acqua di Colonia personale.
Dopo 40 giorni di lagerizzazione e una bella maturazione in bottiglia, sono finalmente pronto per l'assaggio ufficiale: alla vista si presenta limpida, paglierina e con un bel cappello di schiuma bianca e compatta; al naso si percepiscono le note fresche ed erbacee del luppolo, sostenute dai profumi tipici dello stile che il lievito ha donato alla birra in fase di fermentazione; in seconda battuta si avverte il cereale che ritroviamo anche alla bevuta. Il gusto è asciutto e pulito, con un ingresso delicatamente amaro che lascia posto al gusto del malto pils tedesco usato in purezza per questa ricetta. Il finale lascia al palato il desiderio di berne ancora e la carbonazione leggera aiuta a rendere facile questa bevuta.
Il nome che ho scelto è "Acqua di Colonia" perché per me il loro migliore uso dell'acqua è quello di trasformarla in birra e proprio su questo ho voluto giocare sull'immagine dell'etichetta in cui, al posto della bottiglietta di profumo, sulla mensolina del bagno vi è la bottiglia di birra con il vaporizzatore. Anche questa birra rientra nella serie "Etichette d'autore" e ringrazio Sara Conte per aver sviluppato in maniera magistrale la mia idea a riguardo.
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