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martedì 15 aprile 2025

Dunkles Bock: da Einbeck ai giorni nostri

Nella storia degli stili birrari la Bockbier ricopre una posizione importante e la sua fama viaggia per secoli ed arriva fino a noi. Siamo nel XIII secolo nella Bassa Sassonia, in Germania, nella cittadina di Einbeck; come sappiamo, la Germania è ricca di realtà birrarie locali e qui si produceva questa birra forte a bassa fermentazione, con densità superiore a 16°P ed un contenuto alcolico a partire dal 6,5% che era diventata famosa ed apprezzata su tutto il territorio ma non solo. Nel 1368, infatti, la città di Einbeck si unisce all’Hansa, un’alleanza commerciale tra diverse città di nord Europa e del Baltico ed inizia ad esportare la propria birra anche in Scandinavia, Russia, Fiandre e Britannia; il più antico documento che attesta la vendita della “Einbecker” è datato 28/04/1378.

Camminando nelle strade di Einbeck si possono notare che i portoni delle case più antiche sono di grandi dimensioni, eredità della particolare modalità di produzione birraria cittadina: gli abitanti potevano produrre e maltare il proprio orzo ma non potevano possedere un birrificio; nel momento in cui avessero voluto brassare una birra, avrebbero dovuto rivolgersi al comune, unico proprietario delle attrezzature necessarie, che avrebbe mandato il loro mastro birraio, assieme all’enorme bollitore, nelle cantine dei cittadini per svolgere la produzione e certificare la qualità del prodotto destinato poi alla successiva vendita. Al massimo dello splendore, si potevano contare oltre 700 “cantine birrifici” in tutta la città.


La fama di questa birra si è poi diffusa largamente grazie alle “recensioni positive” sia del laboratorio di medicina dell’Università di Salerno che la definì “vinum bonum” e nientemeno che da Martin Lutero, personaggio illustre ed influente del tempo, che in un discorso nel 1521 la apostrofò come “la miglior bevanda che si possa conoscere”. Anche a Monaco volevano produrre questa birra e vennero invitati a lavorare lì i mastri birrai di Einbeck; nel 1612, il birraio Elias Pichler qui trovò nuove modalità di produzione e potè fermentare la sua tradizionale birra con lieviti a bassa fermentazione come è tuttora. Con la diffusione nelle varie zone d’Europa anche il nome inizia a risentire delle storpiature locali e da “Einbeckisch Bier” si è passati al bavarese “Oanpock Bier” ed infine “ein Bock Bier” ossia “una birra Bock”. E dato che in tedesco la parola bock si traduce come caprone, ecco comparire nelle immagini dell’epoca questo animale associato alla birra di Einbeck.


Il successo, come sempre, porta all’emulazione e si iniziano a produrre anche nuove versioni di questa birra; a causa dell’alta alcolicità e dell’elevato valore nutritivo, la Bock era considerata alla stregua di un “pane liquido” che entrava nella dieta dei cristiani nei periodi di digiuno. Nascono così le versioni natalizie e pasquali “Weihnachtsbock” ed “Osterbock”, la bock per la quaresima, ancor più forte, chiamata “doppelbock” ed infine una versione più leggera da consumare a maggio, la “Maibock”. A queste si aggiunge anche una Bock prodotta in alta fermentazione con il frumento, la "Weizenbock".

Produzione

Malti: il grist prevede malto monaco (50-70%) e pils come malti base per amplificare le note di pane e cereali, a cui aggiungere un 5-10% di caramonaco per il colore e la nota caramellata; solitamente altri malti speciali non dovrebbero superare il restante 5% del totale per non sovraccaricare la birra.

Luppoli: il classico luppolo usato è l’Hallertauer Mittelfrüh, per la sua alta percentuale di umulene (note terrose, erbacee, legnose e leggermente speziate) ma poiché gli aromi di luppolo in questo stile devono essere quasi nulli, va bene un qualsiasi luppolo tedesco in amaro. 

Lievito: per questo stile va bene qualsiasi ceppo per lager, in particolare tra i liquidi il WLP 833 (German bock lager) o il WY 2206 (Bavarian lager) che esaltano le note maltate; la dolcezza della birra deve derivare da una bassa luppolatura più che da una minor attenuazione del lievito.

Acqua: trattandosi di una birra dai chiari accenti maltati, il rapporto cloruri/solfati deve tendere verso i cloruri (fino al doppio dei solfati); per esaltare e arrotondare la dolcezza dei malti si può inserire un pizzico di sale da cucina per aumentare la quantità di ioni sodio.

Brewing tips

Nonostante le Bock (clicca qui per il BJCP) presentino un forte carattere di malto, non vuol dire che esse siano dei dolcioni: le birre tedesche sono caratterizzate da una facile bevuta e purtroppo è facile cadere nell’errore di voler abbondare con i malti speciali per aumentarne la complessità.

È altamente probabile che storicamente si eseguisse un mash in decozione per rendere il profilo aromatico e gustativo molto più complesso ma se non si vuole faticare nel replicare questo lungo procedimento, può anche andar bene un single step a 67-69°C. Come già detto la componente luppolata deve essere molto ridotta e l’amaro deve integrarsi bene con il maltato pertanto il rapporto BU/GU può attestarsi tra lo 0,2 e lo 0,4.

Attenzione al processo di fermentazione: nonostante l’alto contenuto alcolico, non si devono avvertire le note calde dell’alcool; è bene partire con temperature basse durante la fermentazione ed un tasso di inoculo adeguato. Essendo una bassa fermentazione è importante non dimenticare di effettuare la pausa diacetilica verso fine fermentazione e di effettuare una lunga lagerizzazione a 4°C.

I volumi da raggiungere per la carbonazione variano da 2,2 a 2,7.

Abbinamenti gastronomici e servizio

Il corpo robusto e le note maltate della Bock la rendono compagna perfetta per piatti a base di carne, specialmente stufata o brasata, arrosto di manzo o agnello e piatti ricchi e speziati.

Anche i formaggi si prestano bene ad essere abbinati a questa birra, sia quelli a pasta morbida che quelli stagionati. Per il fine pasto si abbina a dolci alla castagna, noci o cioccolato fondente. 

La Bock va servita in un bicchiere troncoconico con stelo o nel meno diffuso bicchiere tradizionale da bock ad una temperatura compresa tra 5 e 9°C.

giovedì 10 aprile 2025

California Common: la birra a vapore

La California common, conosciuta anche come steam beer, è una birra nata intorno al XIX secolo, all'epoca della febbre dell'oro, probabilmente per mano di birrai tedeschi emigrati in America i quali erano abituati ad utilizzare lieviti lager ma, non disponendo ovviamente per l’epoca di celle frigo e considerate le temperature californiane ben diverse da quelle nord europee, iniziarono ad usare lieviti a temperature maggiori.

La “corsa all’oro” californiana ebbe inizio nel 1848, quando James Marshall, che era stato assunto per la costruzione di una segheria dal pioniere svizzero Johan Sutter, scoprì un filone del prezioso metallo. Sutter tentò di mantenere segreta la notizia ma questa si diffuse molto rapidamente e migliaia di cercatori accorsero da tutto il mondo. In questo modo nacquero in California le prime città, con l'apertura di banche, officine, saloon, bordelli. La vita dei cercatori era molto dura: si trovavano in un ambiente selvaggio, in genere lontani dalle famiglie, e molti vivevano in tende o abitazioni di fortuna. L'unico svago era costituito dai saloon, che si diffusero rapidamente. Alcuni piccoli villaggi si trasformarono in vere e proprie città, per esempio San Francisco.

Ci sono diverse teorie sul nome steam beer, una meno accreditata è legata al fatto che nel tardo 1800 si utilizzavano dei motori a vapore per produrre la birra da qui il nome “steam” che significa appunto vapore; un'altra teoria riguarda il fatto che quando veniva messo il rubinetto nella botte per servirla e l'inserimento del rubinetto provocava un getto fortissimo di gas; la teoria più accreditata e più verosimile, che poi è quella scelta anche da Gordon Strong, presidente del BJCP, è dovuta ai coolship che sono tini in cui veniva messa la birra e che produceva questo vapore che ha dato il nome a questo stile (clicca per il BJCP).

Ad oggi però "steam beer" è un marchio registrato da Anchor che è stato il birrificio che ha mantenuto vivo lo stile riprendendo la produzione dopo la fine del proibizionismo. Negli anni '60, Fritz Maytag acquistò la Anchor Brewing Company, una birreria sin dalla fine del XIX secolo. Maytag era determinato a cambiare la produzione e questa era l'ultima delle birrerie a vapore originali. Maytag chiamò vari fornitori e acquistò ciò che avevano a disposizione, quindi luppoli Northern Brewer, malti pale e crystal, lievito e così è nata la ricetta moderna.

Produzione

Malti: malto pale ale e malto crystal (max 10%) di colore medio per aggiungere colore e sapore caramellato. Altre varietà opzionali da considerare sono il malto Munich, il malto Victory e il malto pale chocolate. Questi ingredienti contribuiscono al corpo, al sapore e al colore generale della birra.

Luppoli: il luppolo storicamente utilizzato è il Northern Brewer sia in amaro che in aroma per ottenere i sentori legnosi, terrosi e leggermente mentolati tipici di questo stile. I luppoli Northern Brewer sono una varietà versatile e consolidata, inizialmente sviluppata in Inghilterra nel 1934 per Scottish & Newcastle Breweries. Coltivata per la robustezza, è diventata la preferita dai birrai grazie alle sue qualità di amaro pulito. Inizialmente coltivata in Germania, la varietà americana si distingue per un livello maggiore di alfa acidi ed un elevato contenuto di mircene che conferisce sentori di sempreverde, legno e menta.

Lievito: è prodotta utilizzando uno speciale ceppo di lievito lager che può fermentare a temperature più calde, simili a quelle della ale. Questo metodo risale alla fine del 1800 in California, quando la refrigerazione era scarsa e i birrai dovevano improvvisare per raffreddare la birra. Le opzioni di lievito più diffuse per questo stile di birra includono il lievito California Common di White Labs (WLP810) o Wyeast (2112). Questi ceppi di lievito contribuiscono alla finitura pulita e nitida della birra.

Acqua: l'acqua utilizzata per la produzione della birra California Common dovrebbe essere da neutra a leggermente dura, in quanto ciò esalterà il carattere generale della birra; profilo bilanciato con rapporto cloruri/solfati pari a 1.

Brewing tips

Nella produzione di questo stile di birra è essenziale porre attenzione alla temperatura di fermentazione: fermentare per 14gg a temperature superiori a 12°C permette lo sviluppo di esteri fruttati tipici delle ale; dopo il periodo di fermentazione iniziale, lasciare che la temperatura salga a 20°C e mantenerla a tale temperatura per tre giorni. Questa temperatura più calda contribuirà a completare il profilo aromatico e a conferire una sensazione in bocca più piacevole. Infine, abbassare la temperatura della birra a 2°C per favorire la chiarificazione.

Una particolare aggiunta è rappresentata dal chocolate rye che può conferire alcuni dei sapori tostati e caramellati. In genere, la birra ha una densità finale (FG) compresa tra 1,011 e 1,014, il che conferisce un finale relativamente secco.

Sebbene non sia eccessivamente amara, la birra presenta un amaro da luppolo da moderato a moderatamente alto (30/45 IBU), rendendola relativamente equilibrata rispetto ai sapori del malto.

Abbinamenti gastronomici e servizio

La birra California Common, con i suoi sapori ben bilanciati, si abbina eccezionalmente bene ad una grande varietà di piatti. Il colore ambrato chiaro-ambrato medio della birra e il suo profilo aromatico unico la rendono un'opzione molto versatile. 

Un abbinamento interessante è con il lombo di maiale: questo taglio di carne si presta bene ai sapori robusti e terrosi della birra, creando una perfetta armonia tra il piatto e la bevanda. Per amplificare questo abbinamento servire il lombo di maiale con un contorno di verdure arrostite o una glassa piccante.

Formaggi quali groviera, emmental, gouda e cheddar sono compagni eccellenti di questa birra; anche piatti piccanti possono bilanciarsi bene con le note terrose della birra e creare una combinazione di sapori sorprendentemente piacevole.

La California Common va servita in un bicchiere da pinta Nonic ad una temperatura compresa tra 8 e 13 °C.